IL CARSISMO NELL'AREA MEDITERRANEA

II° INCONTRO DI STUDI

Castro Marina, Lecce (Italy) - 14-16 September 2001



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PALEOMORFOLOGIE CARSICHE DEL DESERTO OCCIDENTALE EGIZIANO

Rosario Ruggieri
Centro Ibleo di Ricerche Speleo-Idrogeologiche - Ragusa

Nell'ambito del progetto Karst Research in Tropical and sub-Tropical areas il CIRS di Ragusa ha effettuato alcune ricognizioni nel deserto occidentale egiziano (ex-deserto libico) finalizzate al rilevamento delle paleo-morfologie carsiche presenti negli affioramenti carbonatici del Cretaceo, dell'Eocene e del Miocene. Le ricognizioni, effettuate nel wadi Degla (nei pressi del Cairo), nel plateau fra l'oasi di Bahariyya e Farafra, nel plateau di Dakhla e nel plateau fra l'oasi di Kharga e Luxor, hanno messo in evidenza la presenza di estesi e diffusi processi di carsificazione, sia superficiali che profondi, originatisi in periodi più umidi, per il settore in questione, del Pleistocene, così come peraltro testimoniato, sulle pareti di alcune cavità esplorate, da disegni e graffiti raffiguranti animali di tipico ambiente di savana.




QUATTRO SPEDIZIONI IN ALBANIA: BREVE INQUADRAMENTO GEOLOGICO E GEO-MOROFOLOGICO DELLE REGIONI INTERESSATE E RISULTATI ESPLORATIVI

D. SGOBBA*, G. SAVINO*, F. DIDONNA*

Since 1993 to 1996 the Gruppo Puglia Grotte of Castellana Grotte (BA) and the Gruppo Speleologico Dauno of Foggia had organized four speleological expeditions in Albania. The karst regions visitated had been three: Polisit, Kurvelesh and Tomor-Kulmakut. All the areas are situated in the middle and the soutH of Albania. After a brief deepenig about the geologycal and geo-morfologycal appearances of the Albanian regions, Here we are talking about the explorer result and the major cavities discovered.

Key words: Albania, caving expedition, geologycal, geo-morfologycal

Dal 1993 al 1996, il Gruppo Puglia Grotte di Castellana e il Gruppo Speleologico Dauno di Foggia hanno organizzato ben quattro spedizioni esplorative in Albania con l'intento di acquisire le prime informazioni sul patrimonio carsico del piccolo Paese balcanico. Da tempo i nostri occhi erano puntati al di là dell'Adriatico con l'intento di esplorare le terre del ferreo regime autarchico di Enver Hoxha. Dopo la morte del dittatore avvenuta nel 1985, complice il crollo generalizzato in tutta Europa dei regimi totalitari filocomunisti iniziano i primi contatti che si concretizzeranno nel 1992 proprio a Castellana durante i lavori del 2° Convegno di Speleologia Pugliese. In quell'occasione fu stilato un protocollo di intesa fra la Federazione Speleologica Pugliese, la Società Speleologica Italiana e la costituenda Società Speleologica Albanese (Shoqata Didaktike Shkencore Speleolojike Shqiptare) che avrebbe regolamentato le future spedizioni speleologiche italiane in Albania. Per noi dal 1993 inizia un programma di ricerche denominato "Progetto Albania" con l'intento di raccogliere i risultati delle ricerche (sia nostre che altri gruppi speleo), che in questo Paese sono state svolte.

Le spedizioni Quattro spedizioni, tre aree carsiche indagate, questo in breve il resoconto di quattro anni di ricerche, ma procediamo in ordine di tempo. Nel 1993 si inizia con il Polisi un'area posta nell'Albania centro meridionale, spedizione questa preceduta da una breve ricognizione nel mese di maggio dello stesso anno. L'anno successivo è la volta del Kurvelesh, un'area brulla e pietrosa situata a sud del Paese, nel distretto di Tepelene. Il 1995 si cambia ancora, questa volta ci viene offeta la possibilità di esplorare la regione del Tomor, massiccio carbonatico che si erge sopra la cittadina di Corovoda, non distante dalla famosa città di Berat. Dati i promettenti risultati ottenuti nella parte più meridionale del massiccio, e precisamente nell'area del Kulmakut, decidiamo di tornare ancora nel 1996, per l'organizzazione dell'omonima spedizione.

Sebbene in compagnia di una guida dell'Università di Tirana, per noi l'amico Skender Sala, e di volta in volta guide locali esperti conoscitori delle aree indagate, le spedizioni si sono dimostrate tutt'altro che facili. Le precarie condizioni delle strade, specie nelle zone di montagna, la logistica non sempre facile per l'impossibilità di ricevere qualsiasi tipo di assistenza e la carenza anche dei beni di prima necessità sono elementi che non hanno giocato a nostro favore. Gli stessi rapporti con i locali sono elementi che non sempre rendono la vita facile specie in Paesi dal passato travagliato come l'Albania.




ASPETTI GEOLOGICI E GEO-MORFOLOGICIMASSICCIO DEL POLISI

* Gruppo Puglia Grotte - Castellana Grotte Ba - Italy

A circa 50 km dalla capitale Tirana, in direzione Est, si ergono i monti facenti parte del Massiccio del Polisi. Il gruppo montuoso è raggiungibile percorrendo tre diverse vie: Tirana - Elbasan - Gostime - Polis ï Made (150 km); Tirana - Elbasan - Librazhed - Darde (140 km); Tirana Elbasan - Librazhed - Stravaj - Qafa ë Malit (180 km); Carte topografiche 1: 25.000 K 34-101-D- a (Babja) e K 34-101 -D- c (Gaferi). I fiumi Shkumbinit e Gostime solcano le valli definendo i confini di tutta l'area carsica dalla superficie globale pari a oltre 100 km2. I rilievi più pronunciati sono Mahli Fage ë Madhe (1974), Fusha e Sheshit Malit Plak (1943). Stratigraficamente il Massiccio del Polisi presenta una struttura che formata da rocce magmatiche, in basso, prosegue sino alla presenza di rocce calcaree. Queste ultime sono strutturate in due termini: quello inferiore del Cretaceo Inferiore/Medio formato da calcari, conglomerati e brecce calcaree; quello superiore, costituito da calcari e calcari dolomitici biancastri appartenenti al Cretaceo Medio. E' ovvio che la parte superiore è quella di maggiore interesse dal punto di vista speleo-carsico, ma presenta una struttura scarsamente stratificata e alquanto massiva. I calcari fortemente tettonizzati e nudi conferiscono al paesaggio una tipologia carsica epigea molto pronunciata caratterizzata da polje, valli cieche, campi carreggiati e doline. Nella zona si riscontrano frequenti e imponenti depositi di bauxite, anche sfruttati economicamente.

E' presente nella zona una formazione fliscioide, databile Eocene - Oligocene, che risulta in taluni punti ben stratificata, a differenza di altri molto disturbata dagli eventi tettonici. La notevole fratturazione caratterizzante l'area in aggiunta alla forte presenza di rocce magmatiche, quasi impermeabili, determina un deciso controllo dell'idrologia della zona.

Kurvelesh

Il Kurvelesh è una regione che si colloca a Sud dell'Albania e delimitata dai fiumi Vjoses e Drjnos a Est e Sushices a Ovest; orograficamente definibile montuosa viste le sue cime piuttosto alte quali Lendrevices (2122), Griba Treshnica (1568), Gipini ï Boneles (1659), Buza ï Brudhit (1573), Mahli ï Pusit (1564). La zona investigata ricade nella Carta Topografica 1:25.000 (Progonati). L'intera regione è possibile suddividerla in tre fasce altimetriche a maggiore estensuine areale: la valle alluvionale del Bences, compresa fra le quote 200 e 250 m. s.l.m., quella intermedia, tra le quote 800 e 1.000 m. s.l.m., costituita dagli altopiani carsici esistenti fra i villaggi di Progonati e Nivice e quella più alta compresa fra i 1.000 e i 1.400 m. s.l.m. e che interessa gli abitati di Progonati e Golem. I calcari del Cretaceo Medio, presenti soprattutto nella parte Est dell'area esplorata, e i calcari a nummuliti del Paleocene ospitano notevoli forme carsiche sia epigee che ipogee che, peraltro, sono fortemente influenzate dalle discontinuità tettoniche. Le doline, per esempio, hanno spesso forme allungate e la direzione del loro asse maggiore corrisponde a quella delle fratture riscontrata essere E-W e NE-SW. Importante è menzionare il "Polje di Golem", importante morfologia carsica epigea la cui formazione, anch'essa, è quasi certamente da addebitare a movimenti tettonici che hanno fortemente interessato l'area, e non al processo di unione di più doline.

La Dorsale Tomor-Kulmakut.

Molto estesa è l'area Tomor-Kulmakut che interessa, appunto, la zona in cui si ergono questi due massicci apparentemente divisi ma in realtà appartenenti ad un'unica grande dorsale. Questa area carsica è compresa nelle Carte Topografiche 1:25.000 K34-125-Ab (Novaj), K34-125-Ad (Corovoda), K34113-Cd (Dobrenj), K34-125-Ba Gjerbise) e K34-125- Bc (Gostencka). La lunga dorsale montuosa è costituita da cime piuttosto elevate quali il M.te Partizan (2174 m). M.te Tomor (2379 m.), M.te Kulmakut (2174 m.). M.te Kakrukes (2161 m.) e M.te Ramies (2021m.). Sebbene appartenenti ad un'unica dorsale le due struture, quella del Tomor e quella del Kulmakut, presentano, dal punto di vista litologico, morfologico e tettonico, aspetti completamente diversi. Conseguenza è che anche dal punto di vista speleo-carsico e idrogeologico le due montagne hanno storie diverse.

La dorsale Partizan-Tomor, dalla chiara origine anticlinale, è allungata in direzione NNW-SSE. Il fianco orientale della montagna è ricoperto di rocce flyscioidi, mentre quello occidentale, che ha evidenti i segni di discontinuità tettoniche, è ricoperto da materiali di copertura costituiti da etriti. Idrologicamente tali coperture, rocce flyscioidi da una parte e detriti dall'altra, determinano, rispettivamente, un discreto apporto idrico a fronte di un tipico paesaggio carsico asciutto. Molto interessanti sono i circhi di escavazione glaciale presenti lungo questa dorsale, alle quote di 1800-1900 m, come anche interessanti sono i depositi morenici risultato del ritiro delle pre-esistenti lingue di ghiaccio. A SE della dorsale Tomor-Partizan, si erge il Kulmakut. Le due dorsali sono separate da una serie di dislocazioni tettoniche delle quali una ha unito le gole di Qafa ë Sirakut e Qafa ë Kulmakut. Ben diversa dalla struttura allungata del Tomor Partizan, quella del Kulmakut risulta essere più "raccolta" e maggiormente interessata da discontinuità tettoniche che certamente hanno favorito lo sviluppo del carsismo ipogeo, anche profondo.

I RISULTATI ESPLORATIVI

Polisi '93

* Gruppo Puglia Grotte, c.p. 59 - 70013 Castellana Grotte (BA)

Le due facce del fenomeno carsico sono subito apparse evidenti scendendo i primi pozzi. Ad un carsismo epigeo molto sviluppato, a volte morfologicamente spettacolare con numerose depressioni di tutte le dimensioni e campi carreggiati, non corrisponde, almeno ad una prima indagine, un carso ipogeo altrettanto vascolarizzato. Le cavità si sono sempre quasi sempre risolte in pozzi unici dagli sviluppi modesti, occluse sul fondo da tappi di detriti, fango o, specie alle quote più alte, da ghiaccio. Un carso alpino precocemente fossilizzato dunque dove la tettonica ha giocato un ruolo di primo piano, tanto che molto spesso non si era in grado di ricostruire nemmeno la corretta successione stratigrafica delle formazioni sedimentaree.

Undici le cavità battezzate durante la spedizione, fra le quali va segnalata soprattutto la grotta "Fage e Madhe", una verticale che supera di poco i 60 metri di profondità, esplorata fino all'attuale fondo dopo un by-pass in un deposito di ghiaccio.

Kurvelesh '94

Si cambia zona nel '94 dai fitti boschi si passa alle brulle pietraie: siamo nel Kurvelesh dove, più di qualunque descrizione, vale il detto albenese secondo cui nel Kurvelesh le galline mangiano le pietre…, ad indicare senza possibilità di equivoci un'area in cui la vegetazione è praticamente assente. Solo cespugli spinosi a sfamare uno stentato ma pressante pascolo. Passiamo in rapida rassegna le cavità più interessanti: shpella Mema ë Ujit (grotta madre dell'acqua) è una risorgente che alimenta l'acquedotto del sottostante villaggio di Lekdush, sviluppatasi al contatto fra i calcari e uno dei * Gruppo Puglia Grotte, c.p. 59 - 70013 Castellana Grotte (BA) tanti livelli selciferi che si incontrano nei calcari di questa regione. Una serie di condotte attive e fossili, quasi sempre ai limiti della praticabilità, si diramano in maniera alquanto disordinata per 623 metri di sviluppo, tanto da darle il primato della grotta più lunga. Morfologicamente abbastanza simile alla precedente, shpella il Respiro del Drago con i suoi 603 m di sviluppo e 49 di profondità, si è rivelata una fra le grotte più interessanti del campo. Si tratta di una galleria di interstrato che per metà funge da risorgente temporanea e versa le sue acque nel canyon sui cui fianchi si apre la cavità e per l'altra metà da inghiottitoio. Percorribile solo in condizioni di secca prolungata, a causa una serie di passaggi sifonanti - quello posto all'ingresso è il più restio ad abbassarsi - nella grotta si susseguono condotte freatiche, spesso al contatto con livelli di selce. Scarsi depositi, perlopiù clastici e, come si è detto, una serie di passaggi semiallagati che richiedono l'uso della muta o idrocostumi per la progressione poiché nonostante il caldo torrido esterno in grotta fa parecchio freddo.

Fra le cavità verticali shterra ë Cikes, detta dell'Asteroide e shterra ë Shankoll si contendono oltre al primato di profondità, -112 m la prima e -118 m la seconda, anche quello della grotta che scarica di più. Quest'ultima cavità infatti è un susseguirsi di coni detrici e massi incastrati fra le pareti sino al raggiungimento di un impraticabile meandro fangoso. Per quel che riguarda l'Asteroide…, lasciamo facilmente immaginare al lettore di cosa si trattasse! Le altre cavità, ventuno sono state le grotte indagate durante questa spedizioni, si risolvono sempre in pozzi unici, abbondanti soprattutto alle quote più elevate spesso sono tappati con terra rossa. Merita ancora di essere segnalata la risorgenza di Progonati, una galleria percorsa da una forte corrente di aria fredda che si apre con uno spettacolare portale su un versante dell'omonimo canyon.

Tomor-Kulmakut '95-'96

Nel biennio '95-'96 si cambia ancora, teatro delle nostre ricerche il massiccio montuoso Tomor-Kulmakut, anticlinale carbonatica allungata in direzione NNW-SSE. Nella parte settentrionale del massiccio svetta il m.te Partizani (2416 m), procedendo verso sud compaiono il m.te Tomor (2379 m) e poi ancora il m.te Kulmakut (2174 m) vetta più elevata dell'omonimo massiccio. Di notevole spessore sono i risultati esplorativi raggiunti durante queste due ultime spedizioni, specie sul versante del Kulmakut. La parte settentrionale del massiccio è sembrata subito poco carsificabile, solamente pozzi unici e qualche grotta orizzontale dagli sviluppi non esaltanti. Mano a mano che si procede verso sud appare un carsismo più pronunciato e esploriamo grotte più interessanti. Fra tutte le cavitè merita di essere segnalata la shterra ë Sirakut, due verticali da 40 separate da una buca da lettera e due ampie sale in forte declivio dagli spettacolari concrezionamenti. Superata la valle di Fusha ë Bollas, siamo ufficialmente nel massiccio del Kulmakut: la storia si fa subito seria! Subito, su un pianoro shterra ë Katafiqit 1 e 2 sono il preludio a grandi cose.

La Katafiqit 2, in particolare, al suo interno presenta, chiarissimo, il piano di una faglia e la particolarità di avere due ingressi distanti poche decine di metri che si aprono al fondo di altrettante doline. Appena si raggiungono le quote più elevate il carsismo esterno diventa sviluppatissimo con numerose doline al fondo delle quali si aprono spesso inghiottitoi o pozzi a neve. Siamo oltre i 1900 metri di quota. Fra le verticali maggiori shterra ë Kakrukes (-203 m) e shterra U' Vlen (-227 m) che continua, inesplorata per problemi con i locali sopraggiunti durante la logistica del campo. Shterra ë Kakrukes parte con pozzo da 85, segue uno da 20. Il succesivo pozzo segna lo squartiacque della grotta e le due vie che si possono percorrere. La seconda, shterra U' Vlen, si apre con una frattura lunga 20 metri, chiara quindi l'origine tettonica. Un primo pozzo da 110, separato da una cengia a -70; ancora un pozzo da 75 e via per un meandro fino ad incontrare un pozzo, stimato da 20, non sceso per carenza di materiale e rimandata l'esplorazione per sopravvenuti problemi di campo. Vediamo ora cosa abbiamo trovato a valle. Shpella ë Pirogoshit è certamente una fra le grotte più frequentate della zona, già esplorata in parte dai romani nel '89 e poi da francesi e olandesi, anche se i primi visitatori sono stati proprio gli albanesi del vicinissimo paese di Corovode che hanno dato origine ad uno dei primi sodalizi speleologici del Paese. La grotta, prevalentemente orizzontale, si apre su un fianco del canyon di Corovode e consta fondamentalmente di due rami che sono uniti da da un bypass. Lo sviluppo planimetrico della cavità è di 1250 m, mentre altimetricamente misura +19, -102. Sul versante meridionale del massiccio si apre la risorgenza di Bogova, un saliscendi di gallerie che conducono a tre distinti sifoni. Idrogeologicamente si comporta come una risorgenza di troppo pieno e, a detta dei locali, sversa nella valle in cui si apre una notevole portata specie nel periodo invernale e primaverile.

Bibliografia essenziale

AA.VV. (1993) - La spedizione speleo-carsica "Mahli i Polisit 1993" (Albania centro-meridionale). Puglia Grotte 93, Castellana Grotte, pp. 7-20.

AA.VV. (1993) - Albania: dobbiamo crederci ancora? Speleologia, anno XV n. 30 marzo 1994, pp.43-47.

AA.VV. (1994) - Kurvelesh '94…ed è ancora Albania! Speleologia, anno XVI n. 32 marzo 1995, pp.41-49.

AA.VV. (1995) - Progetto Albania, due anni di spedizioni. Puglia Grotte 95, Castellana Grotte, pp. 5-56.

Caruso G., Savino G. (1996) - Kulmakut '96: la spedizione e le grotte. Puglia Grotte 96, Castellana Grotte, pp. 27-38.




LA PERICOLOSITÀ DA SINKHOLE NEL TERRITORIO DELLA PROVINCIA DI ROMA: IL CASO DI MARCELLINA.

Alessio Argentieri *, Giuseppe Capelli °, Sandro Loretelli *, Roberto Salvati °, Pierluigi Vecchia *
(*) Provincia di Roma- Dip. I Serv.2 " Servizio Geologico, Difesa del Suolo" (°) Università degli Studi Roma TRE- Dipartimento di Scienze Geologiche

I sinkholes sinora individuati nell'ambito del nostro territorio nazionale, situati soltanto in corrispondenza delle aree peri-tirreniche dell'Italia centrale, presentano caratteristiche di unicità rispetto a quanto noto fino a poco tempo fa su genesi e localizzazione dei fenomeni di sprofondamento catastrofico. Un contributo alla comprensione di tali meccanismi può essere fornito dall'analisi di un caso di recente formazione, verificatosi nel territorio della Provincia di Roma, la cui evoluzione è tuttora sotto osservazione. Nella notte tra il 24 e il 25 gennaio 2001, nella piana di Pozzo Grande (Marcellina, Roma) si è aperta, probabilmente senza alcun preavviso, una voragine subcircolare (sinkhole), di circa 40 m di diametro e 15 m di profondità. Il dissesto ha interessato marginalmente diverse infrastrutture di importanza primaria, tra le quali un gasdotto ed un elettrodotto.

Il territorio di Marcellina è situato lungo la fascia pedemontana dei Monti Lucretili, costituiti da successioni carbonatiche meso-cenozoiche in facies sabina e bordati ad W da un sistema di faglie distensive ad andamento NNW-SSE. La piana di Pozzo Grande, una depressione della superficie inferiore a 1 Km2 colmata da depositi continentali e vulcaniti, si colloca nel tratto in cui il sistema bordiero viene dislocato da un sistema di faglie ad andamento antiappenninico. Tale settore della "campagna romana" si colloca, nell'ambito del margine tirrenico dell'Appennino centrale, in un contesto geologico peculiare: nella zona compresa tra il Monte Soratte, i Monti Cornicolani ed i Monti Lucretili-Tiburtini si realizza infatti la concomitanza di diversi fattori (presenza di alti strutturali delle unità carbonatiche; dinamica regionale dell'idrologia sotterranea; sviluppo del carsismo ipogeo; manifestazioni idrotermali; vulcanismo pleistocenico; attività tettonica quaternaria; ecc.), la cui interazione ha probabilmente controllato la genesi e la localizzazione dei diversi sinkholes esistenti.

Il "Sinkhole di Marcellina" si inserisce quindi in un quadro fenomenologico particolare, quale quello rappresentato dai fenomeni di sprofondamento catastrofico in aree di discarica delle acque sotterranee. Oltre alle caratteristiche idrogeologiche, ulteriori complessità nella definizione dell'assetto geologico di insieme sono rappresentate da: un rilevante spessore della copertura plio-quaternaria al di sopra del bedrock carbonatico, la presenza di elementi tettonici attivi o la prossimità ad aree sismogenetiche; la circolazione di gas e fluidi mineralizzati profondi.

In questo lavoro vengono trattati gli aspetti geologici e idrogeologici dell'area di Marcellina, funzionali alla caratterizzazione dell'area come sinkhole prone, nonchè alcuni aspetti paleogeografici che potrebbero giustificare le evidenze che stanno emergendo dalla campagna di studio multidisciplinare in atto.




VALUTAZIONE DEL GRADO DI CARSIFICAZIONE DI UN'AREA A NORDOVEST DI LECCE MEDIANTE INDAGINI INTEGRATE GEOLOGICHE E GEOFISICHE

Carrozzo M.T., Leucci G., Margiotta S., Negri S., Nuzzo L.

Osservatorio di Chimica, Fisica, e Geologia Ambientale -Dipartimento di Scienza dei Materiali- Universita` degli Studi di Lecce Via per Arnesano, 73100 LECCE Tel. 0832-320549, Fax 0832-320548, e-mail: sergio.negri@unile.it

L'area di Salice Salentino, intensamente sfruttata ai fini agricoli, è fortemente condizionata dalla presenza di numerose forme carsiche. L'obiettivo principale di questa ricerca è quello di tentare attraverso indagini integrate geologiche - geofisiche di determinare l'andamento del reticolo carsico nel sottosuolo la cui conoscenza è di fondamentale importanza sia per la sua tutela che per uno sfruttamento razionale del territorio. I risultati ottenuti, benchè preliminari, evidenziano la validità delle metodologie applicate.




La morfologia carsica della provincia di Lecce e la sua influenza sulla idrografia superficiale e profonda (studio preliminare)

*CARROZZO M.T., *MARGIOTTA S., *NEGRI S., **RICCHETTI G.

* Dipartimento di Scienza dei Materiali. Osservatorio di Chimica, Fisica e Geologia Ambientale. Università degli Studi di Lecce ** Dipartimento di Geologia e Geofisica. Università degli Studi di Bari e-mail: sergio.negri@unile.it

Il censimento delle cavità carsiche epigee presenti nell'ambito del territorio della provincia di Lecce e la loro tipicizzazione in relazione alla costituzione del substrato, hanno permesso di valutare l'incidenza della locale morfologia carsica nel deflusso delle acque in superficie e nella alimentazione delle falde nel sottosuolo. Le differenti situazioni riscontrate sono state comparate con una mappa della piovosità ottenuta tramite l'analisi statistica dei dati esistenti, nonché con un quadro sinoptico delle opere di canalizzazione e di recapito delle acque superficiali, con lo scopo di portare un preliminare contributo alla soluzione dei problemi connessi sia con lo smaltimento delle acque meteoriche e dei reflui urbani sia con i possibili processi di desertificazione.




Indagini integrate per la valorizzazione delle risorse ambientali nell'area carsica di Monte San Fratello (Zona B del Parco dei Nebrodi)

Abbate Rosario*, Cappadona Ignazzitto Salvatore*, Cimino Antonio*, Di Patti Carolina** & Orecchio Santino***
(*) Dipartimento di Chimica e Fisica della Terra ed Applicazioni - Sezione Geofisica, Università di Palermo, Via Archirafi 26, 90123 Palermo email cimino@unipa.it (**) Università di Palermo, Dipart. di Geologia e Geodesia, Corso Tukory 131, 90100 Palermo (***) Università di Palermo, Dipart. di Chimica Inorganica, Viale delle Scienze, 90100 Palermo

In Sicilia, lo studio e la tutela degli acquiferi carbonatici ha assunto una rilevante importanza in quei settori localizzati all'interno di aree soggette a particolare protezione per la presenza di notevoli emergenze naturalistiche e in cui alla frequente scarsità d'acqua, determinata da continui periodi di siccità e da sovrasfruttamento delle falde, si aggiunge spesso la minaccia dell'intervento antropico. Nei Nebrodi (Sicilia Nord-orientale), caratterizzato dalla presenza di uno dei più vasti parchi naturali della regione mediterranea (estensione 85.000 ettari), le acque sotterranee, a causa della cospicua diffusione di sedimenti scarsamente permeabili e/o impermeabili (flysch e metarmorfiti), sono scarse o molto frazionate, per cui la potenzialità idrica complessiva dell'area risulta insufficiente al fabbisogno della popolazione e delle attività produttive.

Nel territorio nebroideo, lo studio idrogeologico dell'area carbonatica del Monte San Fratello, la cui parte sommitale è compresa nella "Zona B" di riserva generale del Parco dei Nebrodi, è di notevole interesse in quanto il rilievo costituisce un apprezzabile reservoir idrico per questa regione. Nel settore Nord dell'area in esame, in un ambiente nell'insieme vulnerabile agli inquinamenti, si apre la Grotta di San Teodoro, con il vicino Riparo Maria. Scavi eseguiti all'esterno e all'interno di questa cavità hanno portato alla luce, tra l'altro, migliaia di resti di ippopotami (Hippopotamus pentlandi Mayer) e un deposito paleolitico, ricco di manufatti litici e di scheletri umani dell'Epigravettiano Finale.

In questa nota, dopo una dettagliata indagine geologica di base, gli AA. evidenziano i molteplici aspetti ambientali del territorio, tra i quali la geomorfologia (carsismo, falesie, terrazzi marini, ecc...), le peculiarità dei depositi fossiliferi e archeologici, gli aspetti pedologici e vegetazionali, nonché le caratteristiche chimico-fisiche della falda idrica del massiccio carbonatico, che trova recapito principalmente nella Sorgente Favara di Acquedolci e, secondariamente, nelle falde detritiche terrazzate, limitrofe alla costa tirrenica. A tal proposito un bilancio idrogeologico del Klippen di Monte San Fratello ha permesso di individuare la potenzialità idrica di tale resorvoir, mentre misure di resistività apparente sono state eseguite per individuare i limiti tra le rocce a differente grado di permeabilità. L'uso di metodologie integrate, come in altre aree carsiche dell'isola, ha così consentito di delimitare l'area di alimentazione e determinare, oltre alle caratteristiche geometriche dell'acquifero, la qualità delle acque di falda, utili per la realizzazione della cartografia di rischio idrogeologico all'inquinamento del territorio in esame.



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